Corto Circuito. Dialogo tra i secoli
ATTORNO A TIZIANO.
L’annuncio e la luce verso il Contemporaneo. Garofalo,Canova, Fontana, Flavin
14 Aprile – 2 Luglio 2017
Mestre, Centro Culturale Candiani
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L’ANNUNCIAZIONE
Il vangelo di Luca racconta che l’Angelo Gabriele fu mandato da Dio a Nazareth, città della Galilea, presso una vergine di nome Maria, per annunciarle che sarebbe diventata la madre di Gesù, Figlio dell’Altissimo (Luca, 1,26-38). È nell’annuncio e nel suo accettarlo, nel suo darsi (“eccomi”) da parte dell’ancella, della Vergine, che risiede il suono e il significato del Verbo. Di questa scelta e di quello che viene letto come un dono, il più alto, il dare la vita, l’evangelista Luca ha voluto dare con chiarezza il tempo e il luogo: «Nel sesto mese, l’Angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazareth, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria». L’Annunciazione è quindi “parola” offerta, ma anche luce e accettazione di un destino di volontà superiore, che condurrà fatalmente proprio a quei giorni pasquali in cui tutto si compie. È di questo splendore, di questo mistero, che si è nutrita la storia dell’arte, percorrendo attraverso le immagini e le evocazioni – di un’eterogeneità e varietà altissime – la storia dei tempi.
MERCURIO – FONTANA
Al messaggero e alla sua simbologia si dedica l’apertura della mostra con la scultura del Giambologna. Hermes, Mercurio è il messaggero della mitologia, messaggero degli dèi ma anche, nella tradizione greca, portatore dei sogni e conduttore delle anime agli inferi. A questo personaggio alato, celere e pronto nello svolgere il suo compito, conduttore di misteri e di parole, appartiene un gesto della mano, l’indicare qualcosa di superiore, di ultraterreno. Il messaggero degli dèi è colui che oltrepassa la tela verso una dimensione altra, nuova: così Lucio Fontana scrive Io (non) sono un santo in uno tra i primi di quelli che diverranno i suoi famosissimi Tagli. È l’inizio di un percorso che si svolge intorno alla rappresentazione, alla luce mistica, al mistero dell’annuncio e al suo destino. Fontana nasconde la sua religiosità nelle lacerazioni della superficie.
CANOVA – FONTANA
Il bassorilievo di Antonio Canova e il Teatrino di Lucio Fontana sono accostati in un dialogo di luce e materia. Alla monocromia del bianco, al candore del gesso e al trionfo dell’idea sulla materia sono delegate le assonanze di questo cortocircuito. Il rilievo canoviano è luminoso, in un’ascesi che è sintomatica di purezza e di possibile lontananza da ogni organicità. Il paesaggio cosmico di Fontana è inquadrato in una cornice che ricorda con le sue forme due protagonisti posti alla ribalta della scena, quasi la teoria di fori suggerisse un volo, un’ansa nel tempo Teatrale. Entrambe le opere sono sospese in un silenzio superiore fatto di luce bianca come talvolta è stato rappresentato l’Angelo, essere di luce e portatore di luce divina e dello Spirito. Alla luce mistica, e al tempo stesso elemento del quotidiano, è dedicata la sezione che prosegue da questo dittico bianco.
GAROFALO
La tavola di Garofalo qui presentata non è mai stata esposta prima, sebbene appartenga alle collezioni Cini dal 1958. Riconosciuta al Tisi nel 1965 da Ragghianti, è da ricondurre alla fase giovanile del pittore, in sintonia con l’addolcimento delle forme macerate nella luce della linea protoclassicista (Lorenzo Costa e Francesco Francia nel comune riferimento a Perugino) della Bologna bentivolesca. I bassorilievi che decorano a stiacciato le facce del doppio capitello dell’edificio voltato rappresentano storie mosaiche ricche di valenze salvifiche e escatologiche. Risaltano anche il valore simbolico della città in secondo piano, la Gerusalemme celeste, e dell’edera sempreverde intrecciata al graticcio che occlude lo spazio della scena sacra, hortus conclusus. Lo stipetto colmo di meraviglie è un brano di grande suggestione. Tra oggetti quotidiani e simbolici, rimandi alla Passione come la clessidra o le ciliegie, o alla verginità di Maria, come il vaso di bronzo con la pianta sempreverde, si trova un recipiente di cristallo che reca dei garofani recisi, forse la firma nascosta del pittore.
TIZIANO
L’Annunciazione di Tiziano fa il suo ingresso a San Rocco nel 1557 come donazione testamentaria di un confratello, prima opera di pregio nella decorazione degli ambienti della nuova sede monumentale della confraternita. Forse in origine è collocata sul timpano del portale dell’Albergo, quale accesso alla sala che costituiva il cuore pulsante della vita della Scuola, poi si può supporre che proprio i lavori di completamento del portale e l’inizio di quelli per il soffitto della Sala Capitolare ne abbiano determinato lo spostamento sullo scalone. Alcuni anni dopo, nel 1588, Jacopo Tintoretto le crea un pendant con la Visitazione, collocata sopra l’arcone dirimpetto. La struttura spaziale è di tipo rinascimentale, sobria ed equilibrata, memore ancora per certi versi dei ritmi narrativi delle Annunciazioni belliniane, in cui la tranquilla compostezza dell’insieme è rotta soltanto dalla figura “pomposamente decorativa” del messaggero divino. Tradizionale è anche la scelta dei simboli: dal giglio della castità nella mano dell’angelo agli elementi che, ai piedi di Maria, la presentano come “nuova Eva”, colei che cancella il peccato della progenitrice. Il cestino da lavoro si richiama alle vergini incaricate di tessere una nuova tela per il tempio di Gerusalemme; il pomo rappresenta Eva tentatrice, ma è la pernice della conceptio per aurem, a simboleggiare l’Incarnazione divina.
SOLE IN PIAZZA SAN MARCO
La serie delle Venezie di Lucio Fontana è un corpus di opere concepite e realizzate in pochi mesi del 1961 e dedicate ad un luogo reale. I capolavori nascono dalle suggestioni che la città lagunare offre all’artista e si manifestano in un momento in cui Fontana muta la sua tecnica pittorica, introducendo una materia più spessa e al contempo più artificiosa, segnata da ampi affondi gestuali e dall’ introduzione di frammenti di vetro. Fontana racchiude la sua visione con una materia quasi plasmata, plastica dove il colore segue il tracciato delle mani, modellato dai segni che alludono sia ad un cannocchiale prospettico in cui la luce si innalza, sia alle architetture che chiudono la piazza veneziana in uno specchio di pietra e luce. Del suo rifrangersi sono emblemi le parti in vetro, frammenti di quei “cotissi” di tradizione muranese che riportano alla natura delle tessere musive, allo splendore dei mosaici marciani, radianti sotto il sole del mezzogiorno estivo veneziano.
CONTEMPORANEO
Nell’arte contemporanea la parola, il gesto, la presenza fisica dell’Annuncio divino si trasfigurano nella luce. Il reale si trasforma in pura energia abbagliante e l’essere umano si immerge in un ambiente ormai interamente “annunciato”, illuminato. Il messaggio e la chiamata vengono rivisti e reinterpretati nel tempo presente. Luce e materia, oro e neon, parola e salvezza, realtà e sua negazione, via di fuga e salvazione ma anche accecamento e abbacinamento, sono tutte facce compresenti nell’idea di Annunciazione che attraversa il mondo contemporaneo. La luce supera la materia e nello spettro del colore, la luce sublime e meccanica delle croci di Flavin, chiude la teoria dell’Annuncio con la simbologia del Calvario, luogo in cui si danno corpo come fine gli immensi giorni di morte che sarà Resurrezione
Percorso scenografico: Pier Luigi Pizzi
A cura di Luca Massimo Barbero e Gabriella Belli
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In collaborazione con la Scuola Grande di San Rocco in Venezia
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